LUGLIO
18 Sabato |
18 Luglio 2015, Rocca Dei Bentivoglio (Valsamoggia)
INSTALLAZIONE
Il lavoro ripropone visivamente il sogno della Sfera, uno dei personaggi del racconto fantastico Flatlandia, scritto nel1882 da Edwin A. Abbott. Nel romanzo la sfera assume il ruolo di viaggiatore che vaga alla ricerca di altri universi e quindi altre possibili realtà dimensionali. L'installazione si allontana dalla reale trama, lasciandosi però fortemente suggestionare dalla componente scientifica e psicologica del racconto, immettendo l'elemento onirico. Lo spazio che si presenta all'osservatore è una strada di conduzione che parte dal nostro mondo per giungere all'altro. La trama percorre il suo viaggio nella stanza creando l'illusione di profondità e continuità spaziali. Essa fa presagire la realtà di una nuova, diversa dimensione. Centrale è la visione di una figura geometrica che da bidimensionale si tramuta in tridimensionale solida. Questa è luminosa, lineare e leggera; sospesa nello spazio buio, prende vita, lucente, e comunica all'osservatore, in forma immutabile e mai uguale. L'elemento solido simboleggia i dubbi e le frustrazioni di un viaggiatore di multiversi che non può non mettere in discussione la propria realtà, quindi le sue dimensioni e tutto ciò che la compone. Il vero lampo del lavoro, oltre a ciò che viene fruito, si trova nell'accendersi della riflessione in questa direzione, la sua interiorizzazione, quindi poi la vera presa di coscienza che i vari ed infiniti mondi possibili sono qui, attorno a noi. Siamo anche noi. Le persone, gli oggetti, gli eventi; gli stessi accadimenti nella nostra memoria, sono eterni ed immutabili nella loro forma, ma mai gli stessi. Nel voler affrontare in maniera diversa la stessa situazione, ne segue il necessario spostamento di punto di vista, che nell'opera trova la sua realizzazione concreta. Il solido esprime l'entrata nella terza dimensione. Diventa oggetto di riflessione che si irradia in infinite possibilità di applicazioni teoriche e pratiche nella vita dell'essere umano in rapporto al mondo circostante. Da qui, l'analisi della materia in questione viene accompagnata, dagli artisti, da un sentimento di necessaria costruzione in loco di opere in parte progettate in laboratorio ed in parte completate nell'ambiente in cui vedranno la luce. Ecco quindi che l'elemento onirico, che in modo naturale fa sorgere visioni di esperienze non sorrette da leggi fisiche, si incontra con la realtà materiale e sondabile. Ma è poi così? Chi incontra l'altro? E quanto poi sarebbero stati così distanti tra loro il sogno e la realtà? L'un l'altro si compenetrano, raccontandosi.
F.lli Santoro
Stefano Santoro nasce come producer e dj dark-techno. Dal 2013 avvia progetti di costruzione si sintetizzatori il cui scopo è quello di modulare suoni tramite fasci di luce, il contatto della pelle, acqua, cibo e tutto ciò che conduce corrente. Dal 2014 nascono i progetti Quantum, sculture luminose con la facoltà di seguire ritmi musicali o sequenze programmate. Nel 2015 nasce la collaborazione con Riccardo Santoro, per esplorare geometrie ed effetti tridimensionali, lavorando con strutture come ipercubi e altre strutture complesse che danno la possibilità di muoversi in più dimensioni spaziali.
Riccardo Santoro, illustratore, si diploma presso la Scuola Internazionale Comics di Reggio Emilia. Realizza manifesti per compagnie teatrali e crea immagini per gruppi musicali. Dal 2009 inizia la collaborazione con musicisti che sperimentano musica elettronica per la realizzazione di serate atte a risvegliare sensazioni audio-visive, grazie all’interazione tra musica e pittura. Fa parte del collettivo Megpie Artist, impegnato nella diffusione di artisti poco noti, all’interno di spazi anch'essi poco noti.
F.lli Santoro
Stefano Santoro nasce come producer e dj dark-techno. Dal 2013 avvia progetti di costruzione si sintetizzatori il cui scopo è quello di modulare suoni tramite fasci di luce, il contatto della pelle, acqua, cibo e tutto ciò che conduce corrente. Dal 2014 nascono i progetti Quantum, sculture luminose con la facoltà di seguire ritmi musicali o sequenze programmate. Nel 2015 nasce la collaborazione con Riccardo Santoro, per esplorare geometrie ed effetti tridimensionali, lavorando con strutture come ipercubi e altre strutture complesse che danno la possibilità di muoversi in più dimensioni spaziali.
Riccardo Santoro, illustratore, si diploma presso la Scuola Internazionale Comics di Reggio Emilia. Realizza manifesti per compagnie teatrali e crea immagini per gruppi musicali. Dal 2009 inizia la collaborazione con musicisti che sperimentano musica elettronica per la realizzazione di serate atte a risvegliare sensazioni audio-visive, grazie all’interazione tra musica e pittura. Fa parte del collettivo Megpie Artist, impegnato nella diffusione di artisti poco noti, all’interno di spazi anch'essi poco noti.
DANZA
Francesca Antonino
I'll be there - in testa a un marinaio Di e con Francesca Antonino Cura dell’immagine e della luce: Luca Poncetta Cura del suono: Silvio Marino Foto: Francesca Parenti Brambilla Si ringraziano: Ilaria Marchetto e Il Signor Agostino Bontà per il sostegno al lavoro, Valerio Sirna per i nutrimenti sonori, Spazio Danza di Bologna per le residenze offerte |
Una caduta, una lunga caduta, uno spazio vuoto. Dopo il volo, uno schianto. Una rottura, una frammentazione, una perdita. E poi, di nuovo, inaspettata, la vita.
Parto da lì. Dalla necessità di ricostruire, iniziando dal corpo, per dare fiducia all’intorno. Sperimento luoghi fisici e zone emotive, lasciandomi osservare. Il processo è in divenire, non si conclude. L’obiettivo comunque non è arrivare, ma posare il corpo nello spazio, con un po’ di leggerezza. La leggerezza dell'essere lì, colta in un'apparizione, in un frammento di sogno.
Francesca Antonino
Danzatrice e performer, mette a punto la sua formazione a Parigi ed Amsterdam.
Partecipa al biennio di formazione "Scritture per la danza contemporanea", sotto la direzione di Raffaella Giordano. Si avvicina al teatro lavorando con l’attrice Frida Zerbinati. Ha collaborato come danzatrice con la compagnia Dancewood, Why Company, e con Daniele Albanese. Partecipa alle semifinali del premio GD’A 2011 con il progetto coreografico In cheta allerta. Crea Per Davvero, all’interno della casa di residenza Nosadella.due. Nel 2011 e nel 2013 organizza a Bologna il festival Sinfonie per Appartamenti, insieme all’architetto Camilla Casadei Maldini, in collaborazione con Danza Urbana. È membro del collettivo Il Signor Agostino Bontà, nato dal gruppo di studio diretto da Raffaella Giordano, invitato, tra gli altri, dal festival Rete Frattale di Ravenna.
Parto da lì. Dalla necessità di ricostruire, iniziando dal corpo, per dare fiducia all’intorno. Sperimento luoghi fisici e zone emotive, lasciandomi osservare. Il processo è in divenire, non si conclude. L’obiettivo comunque non è arrivare, ma posare il corpo nello spazio, con un po’ di leggerezza. La leggerezza dell'essere lì, colta in un'apparizione, in un frammento di sogno.
Francesca Antonino
Danzatrice e performer, mette a punto la sua formazione a Parigi ed Amsterdam.
Partecipa al biennio di formazione "Scritture per la danza contemporanea", sotto la direzione di Raffaella Giordano. Si avvicina al teatro lavorando con l’attrice Frida Zerbinati. Ha collaborato come danzatrice con la compagnia Dancewood, Why Company, e con Daniele Albanese. Partecipa alle semifinali del premio GD’A 2011 con il progetto coreografico In cheta allerta. Crea Per Davvero, all’interno della casa di residenza Nosadella.due. Nel 2011 e nel 2013 organizza a Bologna il festival Sinfonie per Appartamenti, insieme all’architetto Camilla Casadei Maldini, in collaborazione con Danza Urbana. È membro del collettivo Il Signor Agostino Bontà, nato dal gruppo di studio diretto da Raffaella Giordano, invitato, tra gli altri, dal festival Rete Frattale di Ravenna.
TEATRO
Omelette è una rielaborazione del pensiero di Antonin Artaud, il quale riteneva che in teatro fosse necessario mettere sullo stesso piano tutte le forme di linguaggio, fondendo gesto, movimento, luce e parola.
Il lavoro di Teatro Magro stabilisce ad intermittenza una connessione tra Artaud e l'artista in scena, Alessandro Pezzali. L'attore perlustra, a cadenza, come se fosse un generatore alternato di energia, parti della teoria del drammaturgo francese, riflessi della propria esperienza personale, frammenti di narrazione, appigli artistici, alla ricerca di una personale catarsi. Il teatro è un mezzo di purificazione, sia per chi agisce in scena, sia per chi guarda. È nell'occhio individuale di ciascuno che la catarsi trova – o meno – una risoluzione, senza una forzata comprensione razionale di tutti i riferimenti estetici ed artistici, ma semplicemente, nella condivisione dell'atto scenico in sé, nella diversa permeabilità all'evento drammaturgico. La decodifica del messaggio passa perciò in secondo piano, a favore di un riequilibrarsi della percezione: nello studio di Teatro Magro la pratica scenica si presenta nella sua forma primitiva e più pura.
Teatro Magro
Nasce come gruppo teatrale a Mantova nel 1988, sotto la direzione artistica del regista Flavio Cortellazzi. Teatro Magro attinge dalla quotidianità e dal vissuto denunciando lo stereotipo, il luogo comune, la retorica, con un'ironia che costringe a mantenere sempre alto il livello di attenzione e di osservazione critica della realtà, per una prospettiva indipendente e disincantata. Uno stile fatto di un'estetica unica, definita e riconoscibile, e soprattutto di una sostanza essenziale: MAGRO.
Il lavoro di Teatro Magro stabilisce ad intermittenza una connessione tra Artaud e l'artista in scena, Alessandro Pezzali. L'attore perlustra, a cadenza, come se fosse un generatore alternato di energia, parti della teoria del drammaturgo francese, riflessi della propria esperienza personale, frammenti di narrazione, appigli artistici, alla ricerca di una personale catarsi. Il teatro è un mezzo di purificazione, sia per chi agisce in scena, sia per chi guarda. È nell'occhio individuale di ciascuno che la catarsi trova – o meno – una risoluzione, senza una forzata comprensione razionale di tutti i riferimenti estetici ed artistici, ma semplicemente, nella condivisione dell'atto scenico in sé, nella diversa permeabilità all'evento drammaturgico. La decodifica del messaggio passa perciò in secondo piano, a favore di un riequilibrarsi della percezione: nello studio di Teatro Magro la pratica scenica si presenta nella sua forma primitiva e più pura.
Teatro Magro
Nasce come gruppo teatrale a Mantova nel 1988, sotto la direzione artistica del regista Flavio Cortellazzi. Teatro Magro attinge dalla quotidianità e dal vissuto denunciando lo stereotipo, il luogo comune, la retorica, con un'ironia che costringe a mantenere sempre alto il livello di attenzione e di osservazione critica della realtà, per una prospettiva indipendente e disincantata. Uno stile fatto di un'estetica unica, definita e riconoscibile, e soprattutto di una sostanza essenziale: MAGRO.