ENRICO FEDRIGOLI, VINCENZO SCORZA / BLACK7EVEN, ELEONORA FABRIZI
TEARS FROM THE VOID
#FOTOGRAFIA #CRYPTOART #MUSICAELETTRONICA #DANZA
PRIMA NAZIONALE
CON IL SOSTEGNO E L’AFFIANCAMENTO DEL FESTIVAL PERASPERA
CURA DELL’ALLESTIMENTO SIMONE AZZONI e SIMONE GHEDUZZI
GRAZIE A ATELIERSI, ALCHEMICA MUSIC CLUB, E PRODUCTION
Vernissage della mostra: 18.09.2023 / h 19 Pietro, Palazzo Tanari, via Galliera 20, Bologna
Performance, talk, ascolti: 18.09.2023 / h 20.30 Casa della Cultura Italo Calvino, via Roma 29, Calderara di Reno
Mostra: @ Pietro dal 18 al 24.09.2023 h 10-12 e 17-19
@ Casa della Cultura Italo Calvino dal 18 al 23.09.2023 h 14-19
Tears from the Void è la sintesi di un dialogo fra arte digitale, fotografia analogica, danza contemporanea e musica elettronica. Un progetto multiforme che si compone di diversi piani: la mostra fotografica allestita in due luoghi (le sale affrescate del seicentesco palazzo Tanari, dove ha sede il nuovo spazio espositivo indipendente Pietro, e la Casa della Cultura Italo Calvino), la performance della danzatrice Eleonora Fabrizi, l’incontro con gli artisti e i curatori, una sessione di ascolti elettronici di Vincenzo Scorza.
Enrico Fedrigoli cattura immagini con il banco ottico. Questo strumento fotografico analogico – strumento d'elezione per l'architettura di scena – nelle sue mani diventa capace di fermare i complessi paesaggi digitali creati dal crypto-artista Black7even e di scolpirli insieme alle immagini del corpo di Eleonora Fabrizi, mentre danza sulle partiture elettroniche di Vincenzo Scorza. Nascono così delle opere in bianco e nero che metabolizzano in modo unico il digitale e l'analogico, l'immateriale nel materico.
Le immagini di Black7even sono il risultato di un processo di trasformazione digitale che riflette la velocità e il caos della società contemporanea. Il feed dei social network è stato catturato a schermo e modificato attraverso sovrapposizioni, variazioni di velocità, erosioni, in un processo di trasformazione in cui il suono assume un ruolo centrale. Su questo suono Eleonora Fabrizi – danzatrice di matrice classica basata in Germania – crea una coreografia contemporanea, dando vita a una performance che immersa nelle immagini proiettate, trasposizione in forma presente dell’intero iter di realizzazione della mostra, che rende il pubblico testimone attivo del processo creativo.
Ingresso gratuito / con contributo libero
la performance non è adatta a persone fotosensibili
Note su Tears from the Void
di Simone Azzoni
Sembra la Gesamtkunstwerk (l'opera d'arte totale). In Tears from the Void c'è la danza, il teatro del e nel banco ottico, pure la musica. Se in Wagner e addirittura nelle antropometrie di Klien, il medium era sano e salvo nel suo statuto, qui fotografia, danza e musica perdono l'otticità e la condizione propria di medium.
L'otticità: quel “rivolgersi a” costruito su una convenzione, smarrisce frontalità, verticalità, relazione tra osservatore e osservato. Altre posizioni si fanno medium, non più la verticalità, la forza di gravità. Il campo in cui agiscono le forze generate da Black7even è il residuo di un evento su cui la tridimensionalità della materia visivo-sonora sperimenta i terreni dell'inconscio o del sub-cosciente.
La dimensione fenomenologica: l'atto che ha accompagnato le tappe del processo creativo, è la sostanza dell'oggetto artistico, non il suo limite fisico.
Scriveva Donald Judd nel suo saggio Specific Objects: “Il miglior lavoro nuovo, non è né pittura né scultura, ma un ibrido paradossale come un quadro che smette di essere un quadro e si trasforma in un oggetto arbitrario”. Così Tears from the Void per vivere ha bisogno della dimensione del reale, il corpo della danzatrice Eleonora Fabrizi e dello spazio dell'esposizione che si fa contesto e matrice dell'oggetto.
Sono le regole del gioco che si fanno medium, nuovo sistema. Le regole dettate dalle misure del banco ottico, dalla retorica del gesto della danza, dalla matematica del processo generativo digitale. Di uno spazio in-forme, in-completo.
La convergenza fra fotografia e arti diventa in questo progetto il rapporto tra l'obsolescenza del visivo e la sua possibilità di redenzione.
La fotografia che già si è fatta oggetto teorico, perfetto esempio di multiplo-senza-originale, ha frantumato la presunta unità dell'originale stesso in nient'altro che un insieme di sovrapposizioni manipolatorie. È diventata uno strumento di indagine, sulla natura dell'arte e di se stessa.
Pensare un medium è come inventare una lingua con una grammatica, una sintassi e una retorica, ma anche un metro di giudizio su cui porre la competenza. Ma in questo progetto triadico si sommano almeno due momenti percettivi con le relative condizioni: l'essere continuamente in vista di un aspetto e il suo apparire improvvisamente. Lo sfondo e il movimento raccolto da Fedrigoli su di esso. L'elemento sonoro di Black7even/Vincenzo Scorza, lasciato libero di improvvisare fuori dalla sfera razionale, è stato ricondotto al fare fisico del gesto e della lastra.
L'idea emerge nella combinazione tra il fare e lo scoprire.
L'improvvisazione indica la libertà e, insieme, l'isolamento dell'artista che opera senza le garanzie della tradizione. Un automatismo artistico è la scoperta di una forma che genera un insieme continuo di nuove istanze, e le lega insieme in modo diverso rispetto al linguaggio. L'automatismo di Black7even produce significato se rinuncia al primo piano, se evita la fotografia come base di partenza e la danza come destino. Il potere di trasformazione necessita in qualche modo di un freno interno al suo linguaggio, di una certa resistenza contro la fluidità della forma. Ci pensa il banco ottico a regimentare i ritmi del corpo di Eleonora Fabrizi, la “forma del contenuto”. Il formale viene investito dall'estemporaneo umano così che finiscano per riorganizzarsi a vicenda. Il palinsesto, il layout espositivo, implica un residuo una traccia di eventi passati che andrà inevitabilmente ad intaccare qualsiasi segno verrà posto dopo.
di Simone Azzoni
Sembra la Gesamtkunstwerk (l'opera d'arte totale). In Tears from the Void c'è la danza, il teatro del e nel banco ottico, pure la musica. Se in Wagner e addirittura nelle antropometrie di Klien, il medium era sano e salvo nel suo statuto, qui fotografia, danza e musica perdono l'otticità e la condizione propria di medium.
L'otticità: quel “rivolgersi a” costruito su una convenzione, smarrisce frontalità, verticalità, relazione tra osservatore e osservato. Altre posizioni si fanno medium, non più la verticalità, la forza di gravità. Il campo in cui agiscono le forze generate da Black7even è il residuo di un evento su cui la tridimensionalità della materia visivo-sonora sperimenta i terreni dell'inconscio o del sub-cosciente.
La dimensione fenomenologica: l'atto che ha accompagnato le tappe del processo creativo, è la sostanza dell'oggetto artistico, non il suo limite fisico.
Scriveva Donald Judd nel suo saggio Specific Objects: “Il miglior lavoro nuovo, non è né pittura né scultura, ma un ibrido paradossale come un quadro che smette di essere un quadro e si trasforma in un oggetto arbitrario”. Così Tears from the Void per vivere ha bisogno della dimensione del reale, il corpo della danzatrice Eleonora Fabrizi e dello spazio dell'esposizione che si fa contesto e matrice dell'oggetto.
Sono le regole del gioco che si fanno medium, nuovo sistema. Le regole dettate dalle misure del banco ottico, dalla retorica del gesto della danza, dalla matematica del processo generativo digitale. Di uno spazio in-forme, in-completo.
La convergenza fra fotografia e arti diventa in questo progetto il rapporto tra l'obsolescenza del visivo e la sua possibilità di redenzione.
La fotografia che già si è fatta oggetto teorico, perfetto esempio di multiplo-senza-originale, ha frantumato la presunta unità dell'originale stesso in nient'altro che un insieme di sovrapposizioni manipolatorie. È diventata uno strumento di indagine, sulla natura dell'arte e di se stessa.
Pensare un medium è come inventare una lingua con una grammatica, una sintassi e una retorica, ma anche un metro di giudizio su cui porre la competenza. Ma in questo progetto triadico si sommano almeno due momenti percettivi con le relative condizioni: l'essere continuamente in vista di un aspetto e il suo apparire improvvisamente. Lo sfondo e il movimento raccolto da Fedrigoli su di esso. L'elemento sonoro di Black7even/Vincenzo Scorza, lasciato libero di improvvisare fuori dalla sfera razionale, è stato ricondotto al fare fisico del gesto e della lastra.
L'idea emerge nella combinazione tra il fare e lo scoprire.
L'improvvisazione indica la libertà e, insieme, l'isolamento dell'artista che opera senza le garanzie della tradizione. Un automatismo artistico è la scoperta di una forma che genera un insieme continuo di nuove istanze, e le lega insieme in modo diverso rispetto al linguaggio. L'automatismo di Black7even produce significato se rinuncia al primo piano, se evita la fotografia come base di partenza e la danza come destino. Il potere di trasformazione necessita in qualche modo di un freno interno al suo linguaggio, di una certa resistenza contro la fluidità della forma. Ci pensa il banco ottico a regimentare i ritmi del corpo di Eleonora Fabrizi, la “forma del contenuto”. Il formale viene investito dall'estemporaneo umano così che finiscano per riorganizzarsi a vicenda. Il palinsesto, il layout espositivo, implica un residuo una traccia di eventi passati che andrà inevitabilmente ad intaccare qualsiasi segno verrà posto dopo.
ENRICO FEDRIGOLI
Enrico Fedrigoli è un fotografo professionista dal 1981. Lavora con un banco ottico Linhof 10×12 e cura personalmente la stampa in bianco e nero delle opere, su carta baritata di alta qualità. “10 x 12 significa lentezza, riflessione e grande risoluzione dell’immagine, significa architettura di scena, architettura del corpo, pensiero sull’invisibile e sulla dinamica. 10 x 12 significa pesantezza, fatica e l’uso di un dispositivo che funziona scollegato dalla visione ottica diretta ma coinvolge la costruzione mentale e la progettazione”.
VINCENZO SCORZA / BLACK7EVEN
Musicista sperimentatore poliedrico e instancabile, focalizza la sua ricerca sonora sull’intersezione tra il mondo del suono e le nuove tecnologie, dando vita a progetti basati sulla formula del live electronics e su specifiche forme di composizione estemporanea. Attualmente la sua ricerca si concentra sull’esplorazione dei comportamenti sonori dei sintetizzatori modulari, con particolare attenzione alle sonorità glitch, ambient, drone e derivati. Operando nel campo della composizione elettronica e del sound design, spazia dalla sonorizzazione di ambienti alle istallazioni sonore, dalla sonorizzazione di immagini al sound design per il teatro e le arti visive, dalla creazione di paesaggi sonori al sound design per la danza. Collabora con enti, artisti e compagnie di rilievo nella scena contemporanea, tra cui Ateliersi, con cui è stato finalista ai Premi UBU 2018.
Black7even è un’emanazione diretta di Vincenzo Scorza, un suo avatar virtuale, un digital artist che nasce e vive nel sistema crypto-art / web3. I suoi linguaggi artistici di riferimento sono quelli della glitch art, dell’astrattismo e l’uso dell’intelligenza artificiale, il tutto interpretato attraverso il paradigma dell’errore. L’errore come elemento intrinsecamente umano che irrompe nel programma macchina infondendovi la vita. Le opere di Black7even sono strettamente legate alla sfera uditiva, all’esperienza del suono / vibrazione, anche laddove il suono non lo si stente affatto, è stato utilizzato come processo algoritmico per la generazione o la trasformazione di immagini.
ELEONORA FABRIZI
Nata a Roma, studia alla scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma, poi si perfeziona alla scuola dell’English National Ballet a Londra e presso la Maison de la Danse con il maestro Denys Ganio. In Italia lavora con il Teatro dell’Opera di Roma sotto la direzione di Carla Fracci e con Officina Artium. Dal 2008 al 2022 lavora come danzatrice solista e in ensemble in Germania per Pfalztheater Kaiserlautern, Staatstheater Nürnberg, Oldenburgisches Staatstheater, Tanztheater Münster. Dal 2019 si esibisce in serate di improvvisazione con il gruppo jazz sperimentale HCL. In Germania presso il theater hof/19 ottiene dal 2022 la residenza in collaborazione con il coreografo Lester René, con il quale crea la serata di tanztheater “CASITA”.
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Enrico Fedrigoli è un fotografo professionista dal 1981. Lavora con un banco ottico Linhof 10×12 e cura personalmente la stampa in bianco e nero delle opere, su carta baritata di alta qualità. “10 x 12 significa lentezza, riflessione e grande risoluzione dell’immagine, significa architettura di scena, architettura del corpo, pensiero sull’invisibile e sulla dinamica. 10 x 12 significa pesantezza, fatica e l’uso di un dispositivo che funziona scollegato dalla visione ottica diretta ma coinvolge la costruzione mentale e la progettazione”.
VINCENZO SCORZA / BLACK7EVEN
Musicista sperimentatore poliedrico e instancabile, focalizza la sua ricerca sonora sull’intersezione tra il mondo del suono e le nuove tecnologie, dando vita a progetti basati sulla formula del live electronics e su specifiche forme di composizione estemporanea. Attualmente la sua ricerca si concentra sull’esplorazione dei comportamenti sonori dei sintetizzatori modulari, con particolare attenzione alle sonorità glitch, ambient, drone e derivati. Operando nel campo della composizione elettronica e del sound design, spazia dalla sonorizzazione di ambienti alle istallazioni sonore, dalla sonorizzazione di immagini al sound design per il teatro e le arti visive, dalla creazione di paesaggi sonori al sound design per la danza. Collabora con enti, artisti e compagnie di rilievo nella scena contemporanea, tra cui Ateliersi, con cui è stato finalista ai Premi UBU 2018.
Black7even è un’emanazione diretta di Vincenzo Scorza, un suo avatar virtuale, un digital artist che nasce e vive nel sistema crypto-art / web3. I suoi linguaggi artistici di riferimento sono quelli della glitch art, dell’astrattismo e l’uso dell’intelligenza artificiale, il tutto interpretato attraverso il paradigma dell’errore. L’errore come elemento intrinsecamente umano che irrompe nel programma macchina infondendovi la vita. Le opere di Black7even sono strettamente legate alla sfera uditiva, all’esperienza del suono / vibrazione, anche laddove il suono non lo si stente affatto, è stato utilizzato come processo algoritmico per la generazione o la trasformazione di immagini.
ELEONORA FABRIZI
Nata a Roma, studia alla scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma, poi si perfeziona alla scuola dell’English National Ballet a Londra e presso la Maison de la Danse con il maestro Denys Ganio. In Italia lavora con il Teatro dell’Opera di Roma sotto la direzione di Carla Fracci e con Officina Artium. Dal 2008 al 2022 lavora come danzatrice solista e in ensemble in Germania per Pfalztheater Kaiserlautern, Staatstheater Nürnberg, Oldenburgisches Staatstheater, Tanztheater Münster. Dal 2019 si esibisce in serate di improvvisazione con il gruppo jazz sperimentale HCL. In Germania presso il theater hof/19 ottiene dal 2022 la residenza in collaborazione con il coreografo Lester René, con il quale crea la serata di tanztheater “CASITA”.
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